fbpx

La Rivoluzione nella staticità

La Rivoluzione nella staticità

Pubblichiamo un articolo ricevuto in tempi non sospetti, quando ancora nessuno si aspettava di doversi trovare in una situazione di staticità obbligatoria. In questo periodo, accogliamo riflessioni e pratiche dedicate a questo momento in cui siamo raccolti in un letargo primaverile

La Rivoluzione nella Staticità

Sempre più spesso ci troviamo davanti a meravigliosi corpi snodati che riescono in imprese yogiche di grandissimo effetto visivo, muscolare, di equilibrio e di concentrazione. 

Ma, se volessimo identificare la posizione da raggiungere, quella che universalmente ci richiede più risorse, più impegno, più preparazione, più coordinazione col respiro, più equilibrio (interno ed esterno), più drishti, quale sarebbe? 

Ovviamente, onorando la diversità dei corpi, non se ne potrebbe identificare una sola perché la difficoltà varia in base alla nostra predisposizione; per celebrare il vero principio dello yoga, sarebbe certamente un asana meditativa da mantenere per un giro di orologio; per chi ha paura di rovesciare la realtà, sarebbe probabilmente una posizione sulla testa; per chi ha difficoltà a fermare i pensieri, sarebbe certamente sfidare l’equilibrio; per chi fa fatica a “piegarsi” nella vita, potrebbe paradossalmente essere Padahastasana e chi è bloccato nelle anche, con la preoccupazione di avanzare nella vita, direbbe tutte le varianti di Sirasana.

 

Insomma, la nostra bellissima diversità, come i mille punti di vista dei mille petali del loto di Sahasrara Chakra, sta anche nelle nostre difficoltà.

Ma la vita che viviamo, i ritmi a cui siamo sottoposti, gli stimoli, i rumori, l’asticella delle aspettative che si fa sempre più alta, nella realizzazione professionale e nella vita privata, spingono i più a trovare estrema difficoltà a mantenere, per più di 5 minuti, Shavasana.

Come praticare Shavasana

Sdraiatevi supini sul tappetino con le braccia lungo i fianchi a circa 15 cm dal corpo e il palmo delle mani rivolto al soffitto. Lasciate che le dita si pieghino leggermente e che i piedi cadano ai lati in modo naturale. Chiudete gli occhi, mantenete allineate la colonna vertebrale e le testa facendo attenzione che quest’ultima non ricada lateralmente. Rilassate tutto il corpo e interrompete ogni movimento ad eccezione del respiro che si muove rilassato e spontaneo. Diventate consapevoli.

Esatto! Shavasana è la posizione del cadavere, la classica posizione supina!

Cosa c’è di tanto complicato in questa posizione?

Sicuramente lo stare fermi, l’accettare un tempo e uno spazio in cui non portiamo avanti niente dei lunghi elenchi di cose da fare; l’imparare a ritagliarsi quello spazio, dandogli il giusto valore, senza pensare che lo yoga debba essere necessariamente dinamico; prendere la consapevolezza che il rilassamento non è qualcosa a cui possiamo rinunciare, ma, oggi più che mai, qualcosa di cui abbiamo necessità e bisogno e che ci può dare benessere ed equilibrio.

E poi, una volta interiorizzato tutto ciò, sono proprio le ultime due parole della descrizione che possono frenare: “diventate consapevoli”.

Sì, perché sembra che non accada nulla durante questa pratica, ma il suo potere è immenso perché, mantenuta dai dieci ai trenta minuti, l’immobilità a cui sono sottoposti mente e corpo, fa sì che parli l’anima, canti il cuore, si esprima quella parte di noi, più vera e autentica, che spesso viene soffocata dalla razionalità, dalle preoccupazioni e dalle occupazioni, da quel ritmo senza sosta che ci fa procedere quasi per inerzia tra le cose che dobbiamo fare.

Stare con noi stessi non è così facile: non ce lo insegnano, non ce lo richiedono tra i vari compiti che ci inculcano da bambini, non ci dicono come dobbiamo gestire la voce dentro di noi che può cantare fuori dal coro della nostra vita… e rendersi conto che cuore e mente potrebbero non essere allineati, fa paura perché può metterci davanti a domande ed eventuali scelte inaspettate.

Ma questo meraviglioso e facile canale che, oltre a rigenerarci fisicamente e mentalmente, ci apre la strada verso il nostro io più autentico è una risorsa che va scoperta e percorsa come una benedizione, anche quando, paradossalmente, apparirà scomoda.

Non è un caso, infatti, che questa asana, rilassando il corpo e aumentando la consapevolezza, ci aiuti nel cammino verso Pratyahara, la pratica che allontana i cinque sensi dal mondo esterno per rivolgerli e scoprire quel vasto mondo che è dentro di noi.

Prendetevi quel tempo e non ve ne pentirete… (nota dell’editore: adesso il tempo ce lo abbiamo! Non ci sono scuse 🙂

“I sensi, dicono, sono superiori (al corpo fisico); la mente è superiore alle facoltà dei sensi; l’intelligenza è superiore alla mente; ma il Sé (Atman) è superiore all’intelligenza.”

Bhagavadgītā

Circa l'autore

Lo yoga mi ha aiutata a ritrovare l’equilibrio, uno stato di benessere, la connessione con la parte più vera di me in un momento in cui ansia, stress e ritmi frenetici coronavano la mia vita. Da quella presa di coscienza e consapevolezza, lavoro con grande dedizione con l’intento di riportare il benessere emotivo nelle persone attraverso l’insegnamento di hatha e restorative yoga, meditazioni e percorsi di accompagnamento di counseling e coaching.

Ads

Pagina Facebook

Ads