
Yoga Per i Detenuti: pratica dell’integrazione personale nel contesto carcerario.
“Quando formuli un pensiero pieno di comprensione, perdono e compassione, quel pensiero avrà immediatamente un effetto di guarigione sulla tua salute fisica e mentale e sulle persone che ti circondano. Se nella mente produci un pensiero pieno di rabbia e di condanna, quel pensiero subito avvelenerà il tuo corpo e la tua mente, e le persone che hai intorno.
Il pensiero è la prima forma di azione, perché è pensando che gettiamo le basi di quello che sarà il nostro impatto sul mondo“
La Costituzione italiana sancisce all’art. 27 co. 3 che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». È questo il presupposto essenziale e irrinunciabile da cui si deve partire quando si parla di pene e delle loro funzioni.
Lo yoga è una pratica millenaria, Laica, rivolta a tutti senza differenze di sesso, credo religioso, età, gruppi sociali. Si fonda sull’autoconoscenza, sulla consapevolezza e restituzione della percezione della presenza dell’individuo e su valori etici universalmente riconosciuti come la non violenza, l’accettazione di se stessi, la cura di sé e dell’altro, il rispetto personale e dell’ambiente l’assenza di giudizio (inteso come recriminazione e disvalore di sé e dell’altro) la possibilità, attraverso il lavoro su se stessi, di restituzione della dignità e riscoperta del proprio progetto personale di vita che può avvenire in qualunque momento della vita stessa.
Da questi noti e semplici presupposti è nato il Progetto di Shanta Pani Yoga e Ayurveda School per l’introduzione e la pratica dello Yoga nelle carceri.

Yoga in carcere: a che punto siamo e perché insegnarlo?
Da una analisi in rete in realtà lo Yoga è stato introdotto in alcune carceri italiane e negli stati Uniti, ma purtroppo attualmente, nonostante il grande lavoro di alcune dirigenze carcerarie, la mancanza di fondi e la poca attenzione sociale all’importanza della finalità rieducativa carceraria, non consente in molti casi di attuare una reale progettualità direzionata in tal senso anche attraverso l’attivazione di progetti finalizzati a creare nuove competenze nei detenuti e funzionali al reinserimento sociale.
La situazione carceraria, soprattutto nelle grandi carceri che sono in costante stato di sovraffollamento, rischia di portare allo stato di neutralizzazione della persona piuttosto che di rieducazione e reinserimento in un contesto sociale e lavorativo congruo al potenziale cambiamento cui, secondo la costituzione, dovrebbe auspicare.

In quest’ottica, proporre lo studio e la pratica dello Yoga in carcere, assolve a molteplici direzioni che come praticanti e nello specifico insegnanti crediamo sia giusto perseguire: Karma Yoga attivando un reale spirito di servizio; Yoga come autoguarigione e metodo funzionale terapeutico. La pratica dello Yoga in tutte le sue parti (posture, controllo del respiro, concentrazione, meditazione, ecc.) è infatti univocamente riconosciuta, anche dall’area medica occidentale, come pratica efficace nel miglioramento della qualità di vita sul piano sia fisico che mentale. Lo Yoga migliora la postura e i dolori cronici, gli stati d’ansia e depressivi e tutte le problematiche correlate alla scarsa movimentazione fisica.
L’integrazione di corpo mente e respiro, percorso e fine ultimo dello Yoga, dona alle persone che lo praticano uno strumento di auto osservazione esterna ed interna, di capacità di restituirsi autonomamente calma e concentrazione soprattutto in casi di criticità individuale e\o ambientale. Questa possibilità, in condizioni di detenzione, assume un’importanza vitale. In più, attraverso il lavoro di gruppo, promuovendo il rispetto del corpo e della dignità propria e altrui il praticante può rinnovare la consapevolezza dei valori utili al proprio benessere interiore e funzionali a quello che vorremmo come progetto ultimo della detenzione, ossia favorire un reinserimento sociale dignitoso e di successo duraturo.
Il nostro Progetto così esposto è stato accettato con grande entusiasmo dalla dirigenza del Carcere maschile Poggioreale di Napoli, Istituto di detenzione che attualmente ospita più di 2000 detenuti.

Il progetto pilota, la mia esperienza.
Il progetto pilota è iniziato con lezioni di 120 minuti a cadenza quindicinale per un massimo di 20 allievi nel Carcere maschile Poggioreale di Napoli. I detenuti sono stati lasciati ovviamente liberi di scegliere se aderire al progetto, includendo preferibilmente le persone con problemi di ansia, scarsa socializzazione, povertà culturale ed espressiva, o a rischio di depressione legata a scarsità di stimoli ambientali.
Dopo i primi mesi il grande interesse mostrato dai detenuti partecipanti e grazie ai feedback ricevuti abbiamo chiesto l’adesione di altri insegnanti volontari in modo da poter garantire lezioni settimanali nell’istituto carcerario per l’intero arco dell’anno.
È con enorme gratitudine che ringrazio splendidi insegnanti della mia città come Stefano Manfredo, Barbara Lepretti, Grazia Bonetti, Lucia Ausilio, che hanno condiviso il nostro progetto facendolo loro e mettendo a disposizione il proprio tempo, studio professionalità e presenza amorevole, rendendo possibile la continuità per tutto l’anno delle classi di Yoga in carcere a Napoli. Noi tutti, anche se provenienti da diverse formazioni, abbiamo strutturato un percorso condiviso per i detenuti, consapevoli che lo Yoga è Uno. Gli asana in sequenza proposti, il pranayama e le visualizzazioni in rilassamento, sono frutto di studio condiviso e sono finalizzati a utilizzare le potenzialità di cura dello yoga per le possibili condizioni traumatiche, post traumatiche o socialmente difficoltose. Tutti hanno contribuito allo sviluppo di una metodologia che presto potrà essere standardizzata e condivisa.

I tappetini su cui praticano i detenuti sono stati loro regalati grazie ad una pratica a libera offerta cui hanno aderito i meravigliosi yogi che ho l’onore di condurre in pratica da qualche anno e che hanno voluto in questo modo compartecipare alla realizzazione del progetto della pratica in carcere.
Ormai da ottobre scorso, grazie soprattutto alla apertura, disponibilità e cooperazione della direzione dell’istituto di Detenzione Maschile di Napoli, lavoriamo con un gruppo di detenuti, che spesso accoglie nuovi membri (attuando così il principio di rotazione). Pratichiamo sequenze di asana e alcuni semplici esercizi di pranayama, propedeutici allo sviluppo dell’ascolto del respiro, concentrazione e attivazione dell’auto osservazione in meditazione.
Nel rispetto del tempo di apprendimento del gruppo abbiamo introdotto alcune delle basi filosofiche dello yoga delle 8 membra, volte a meglio comprendere il lavoro evolutivo del singolo e del gruppo.
Lo scopo è sempre quello di fornire al gruppo di allievi non solo uno spazio di condivisione di pratica ma soprattutto l’acquisizione di strumenti di pratica personale al fine di sviluppare la consapevolezza dello yoga come possibilità di ricerca, anche al di fuori della lezione, per il miglioramento del benessere del corpo e della mente.

Il lavoro con il gruppo è sempre molto intenso e l’insegnante ha bisogno di sviluppare e praticare presenza, concentrazione continuativa e costante ascolto attivo della classe. All’interno del carcere – non solo come struttura fisica ma come estensione mentale della condizione detentiva – le possibilità di lavoro per un insegnante sono molto variabili ed estremamente differenti dalla convenzionale shala con il proprio gruppo di allievi.
Lo spazio energetico, le possibilità e modalità di condivisione sono molto instabili e dipendono da variabili personali e di gruppo molto diversificate. Tutto è amplificato in carcere, le resistenze così come i confini e l’assenza degli stessi. Vale, su tutto e soprattutto in questo contesto, il principio per cui “fai la tua pratica e tutto accade” (guruji Pattabhi Jois).
I detenuti somatizzano lo stato d’ansia e di coercizione, il senso di colpa o la aggressività repressa soffrono di forti tensioni muscolari, facile affaticamento, scarsa estensione del respiro e, per reazione o per consuetudine, sono poco propensi al rilassamento e all’ascolto di sé stessi. Savasana per loro è l’asana più difficile, essendo disabituati a lasciarsi andare, ma col tempo è diventato il momento più amato, in cui è possibile sentirsi liberi di rilassarsi, lasciando che corpo e mente godano di silenzio e pausa, anche dal carcere.

In una delle ultime lezioni mi è stato chiesto da uno dei nostri allievi più presenti, di spiegare come può attuarsi “l’assenza di giudizio”, per loro che si trovano in carcere proprio per effetto di un giudizio. È stato un momento che mi ha colpito intensamente. Ho condiviso il mio pensiero, cosi come appreso dallo studio dei testi dei Maestri. Noi siamo quello che decidiamo di essere e ciò che siamo stati fa parte del sentiero passato le cui conseguenze non ci impediscono di poter scegliere in modo diverso nel nostro presente. La possibilità sta nel non identificarsi con il proprio errore. La possibilità di una nuova direzione può così innestarsi come un piccolo seme, anche in un contesto di libertà sospesa, nutrendo nuove possibilità per ciò che ci sarà dopo.
“Restiamo sempre grati alla vita, non dubitiamo dell’amore.
Facciamo attenzione a ciò che seminiamo perché’ ci ciberemo del frutto che ne conseguirà. Emozioniamoci quando la vita ci porta energie di accoglienza e cura attraverso l’abbraccio di persone luminose.
Promettiamo a nostra volta di averne cura per l’eternità perché questo rende divino il nostro umano.”
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Author
Elisa Grella
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Il Giornale dello Yoga
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Ai tutti i miei Amici e agli amici degli amici: questa è una call per VOI. Dopo l’articolo pubblicato sul Il giornale dello yoga in cui racconto del progetto Yoga per i detenuti attualmente in essere, molti di voi si sono congratulati con noi per la bella iniziativa.. e vi ringraziamo molto. Se avete voglia di dare il vostro contributo a questo progetto potete farlo ADESSO. Non chiediamo soldi ( il progetto è volontario) ma LIBRI PER GLI ALLIEVI DEL CARCERE, per aiutarli ad approfondire questa pratica, per far sentire loro che TUTTO E’ UNO e l’intorno sostiene la loro… Continua a leggere »