
LO YOGA E L’ARTE DI CONVIVERE CON IL VIRUS
“La triste verità è che la vita dell’uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l’uno prevarrà sull’altro , che il bene sconfiggerà il male, o che la gioia si affermerà sul dolore.
La vita è un campo di battaglia: così è sempre stato e così sarà sempre. “
Quando la redazione del GdY mi ha comunicato la riapertura del sito ai contributi, sono stata molto felice! Negli anni passati ho contribuito attivamente alla vita de il Giornale scrivendo molti articoli per questo magazine on-line, e tutta la redazione e naturalmente tutti gli yogin e yogini che lo leggono erano diventati come un’altra famiglia per me. Sento un senso di profonda connessione e di comunicazione con questa comunità yogica virtuale. Ora ne approfitto per scrivere questa lettera e condividere con voi i miei pensieri.

Sono tempi complessi e problematici quelli che stiamo vivendo ed è arduo per tutti trovare nell’oceano di informazioni suggerimenti chiari ed univoci che ci possano indicare la strada in una situazione inconsueta come questa! Già siamo subissati da chi sui social network si è scatenato a dispensare inevitabili consigli: santoni e psichiatri , scienziati ed opinionisti, politicanti e veggenti , siamo tempestati da continui messaggi da parte di chi divulga tesi complottiste, da chi costituisce dal nulla organizzazioni rivoluzionarie che abbatteranno l’ordine vigente in nome di una nuova Verità Assoluta, da chi possiede il rimedio segreto per sconfiggere la pandemia e chi più ne ha, ne metta.

Naturalmente è proprio in momenti come questi in cui tutte le nostre certezze, abitudini e ritmi di vita normali sono scardinati. Proprio in questi momenti vien fuori chi siamo noi veramente, il nostro vero io e siamo costretti, con estrema obiettività e durezza, a guardarci allo specchio. Tutte le nostre paure, insicurezze, debolezze, mancanze vengono a galla. Ed il solo fatto di dover fare file lunghissime attendendo ore intere fuori dai supermercati, per approvvigionarci di beni di prima necessità riesce a far emergere nel nostro inconscio immagini apocalittiche e scenari di guerra, che solo i nostri nonni e bisnonni ricordano bene. Abbiamo assistito ad una nevrosi collettiva, di gente che svuota scaffali interi, contendendosi con il vicino, in una lotta all’ultimo sangue, l’unico pacco di carta igienica rimasto. Sono atteggiamenti comuni, che il panico del contagio ha scatenato in noi, popoli occidentali .

Forse, temendo di essere privati delle cose che noi riteniamo essenziali, l’energia del nostro primo chakra, il Muladhara, il chakra della radice, dell’istinto primordiale e dell’aggressività, dell’attaccamento e della lotta per la sopravvivenza, delle paure ancestrali , si risveglia in maniera dirompente e se non ben canalizzata prende il sopravvento sui chakra superiori. Stiamo regredendo emotivamente, psicologicamente e culturalmente all’età della pietra? E’ possibile che l’uomo di Neanderthal sia rimasto dentro di noi segretamente nascosto , accovacciato, acquattato, pronto alla prima occasione ad avere la meglio sulla nostra psiche evoluta?

A cosa sono serviti millenni di civilizzazione, di cultura , di arte e scienza se così improvvisamente piombiamo in un pieno oscurantismo? Di contro assistiamo fortunatamente a tante altre condotte virtuose, di tutti coloro che con abnegazione lavorano e combattono per garantire assistenza e sostentamento a tutti noi che restiamo a casa e a cui essere profondamente grati. Molti mesi prima che scoppiasse l’epidemia, ho sentito un guru indiano dire, durante un satsang, che se per ipotesi la specie umana scomparisse per qualche tempo da questo pianeta, magari tenuta in ibernazione per un po’, tutti i problemi che affliggono il nostro pianeta sarebbero magicamente risolti: inquinamento, surriscaldamento globale, desertificazione, sovrappopolazione, guerre, carestie, crisi economica, specie animali a rischio di estinzione , deforestazione, risolti in men che non si dica. Mai parole furono tanto profetiche. Congelare la razza umana per qualche anno e Madre Natura ci ringrazierà!

Naturalmente a causa di tutta questa situazione ognuno di noi, volente o nolente, è portato a farsi un esame di coscienza, perchè siamo tutti coinvolti e responsabili, non possiamo più scaricare la responsabilità ad altri, è il nostro Karma collettivo che stiamo scontando! La vita è un campo di battaglia, dice Jung e questo è innegabile, ma forse chi pratica yoga, ha degli strumenti in più per comprendere questi corsi e ricorsi, per gestire raga e dvesa, per trovare l’armonia degli opposti: il bene ed il male, il piacere e la sofferenza. Basta solo ricordare che yoga vuol dire equilibrio, e non quello, o almeno non solo quello, dello stare a testa in giù e piedi all’aria, ma quello del passare attraverso la tempesta e l’uragano, il lutto, la perdita, il vuoto, mantenendo la stabilità della coscienza e del sé profondo e quando tutto questo sarà finito, avere la forza di ricominciare con più energia e ricchezza di intenti.
I testi antichi dello yoga ci vengono in aiuto nei momenti cruciali ispirandoci con la loro poesia e saggezza ed ecco i versi della Svetasvatara Upanishad :
“Distendi la colonna vertebrale, il collo e la testa verso l’alto, rilassa il corpo, fa sì che i sensi penetrino consapevolmente nella saggezza del tuo cuore e Sali sulla barca di AOM, così da poter attraversare le acque tempestose, laddove scaturisce ogni paura “