
Vivere con il cuore aperto
Quando Giulio Pietro Be mi ha chiesto “Cosa vuol dire vivere con il cuore aperto, secondo te?”, ho pensato immediatamente “Be’, facile, no?”. Poi, trovandomi a dover rispondere, a dover spiegare, a dover approfondire, in realtà ho scoperto che non era così facile. C’era, sì, il concetto, ma non riuscivo ad esprimerlo, era come se fosse avvolto nella nebbia. Era un insieme di pianeti, ognuno visibile, ma non formavano una precisa galassia. Allora ho pensato che, forse, raccontare un’altra piccola storia personale avrebbe potuto aiutarmi a spiegarlo.
A dispetto della mia profonda timidezza (della quale parlo in “Timidezza e yoga: un percorso verso se stessi”) ho sempre creduto in alcuni fondamentali valori quali la sincerità, la bontà, la generosità, la coerenza, l’umiltà, l’amicizia, solo per citarne alcuni. Pensavo fosse giusto sviluppare queste doti, che prima venissero loro e poi me stesso, la mia persona, l’io egotico. Non riuscivo a capire come si potesse dimenticare, tradire, annullare quello che per me era il significato più profondo della vita. Tradire la propria fidanzata? Mentire ad un amico? Rimangiarsi la parola data? Tutto ciò era così assurdo e lontano che mi sentivo inattaccabile, quei valori erano fondamentali per me, così come per chi avevo a fianco.

La vita, però, il guru comune a tutti noi, ha cominciato a impartire i suoi severi, a volte tristi, quanto veritieri insegnamenti. Ho cominciato, allora, a rendermi conto che no, che per gli altri quei valori non erano fondamentali, inossidabili, basilari come lo erano per me. I primi tempi mi inalberavo pieno di senso della giustizia, a volte brandendo armi improprie come l’aggressività, la violenza verbale, l’estremismo, spesso a mio stesso discapito.
Le persone a me vicine sostenevano che avrei dovuto indossare una maschera, che sarebbe stato molto meglio per me e per quelli che mi circondavano scordare per un momento quel rigido sistema valoriale o, al limite, che imparassi ad applicarlo soltanto ad alcune situazioni e non ad altre, come se vivessi in “compartimenti stagni”. Non capivo. Mi sembrava di dover diventare come un pesce d’allevamento: uguale a tutti gli altri, stessa forma, stesso colore, stesso sapore. Purtroppo però non ero abbastanza forte per i valori che mi ero imposto, ho cominciato a “imbastardirmi”, facendomi travolgere dai comportamenti collettivi; l’importanza di essere accettato è diventata prioritaria. A quel punto i preziosi tesori che custodivo nel cuore, sono stati coperti, sepolti, sotterrati, sotto una coltre insulsa ma spessa di egoismo. C’erano, ma dormivano.

Il mio cuore e le sue bellezze erano come il regno della “Bella Addormentata nel Bosco”, in attesa del principe azzurro e del suo bacio. E il principe è arrivato, in forma di Hridaya Yoga, lo yoga del Cuore Spirituale. Grazie alla conoscenza della pratica meditativa di Hridaya, incentrata sulla scoperta della profondità del nostro cuore spirituale, il regno assopito, ingrigito, impolverato dei valori ha ripreso luce, brillantezza e fulgore.
Immergendosi nell’intimo spazio del Cuore come centro del nostro Essere, i fondamentali valori della vita rifioriscono rigogliosamente. Il cuore, nella sua triplice funzione di soggetto, oggetto e organo di conoscenza rivela la nostra reale natura che è fatta di bontà, di sincerità, di generosità, di compassione, di coerenza, d’amore, di umiltà e quant’altro.
Ecco allora cosa significa per me, caro Giulio Pietro Be e tutti voi lettori cari, “vivere con il cuore aperto”. Significa vivere la vita in modo naturale (Sahaja), prendendo come basi quei valori fondamentali, universali e indimenticabili. Significa avere il coraggio di esprimerli in ogni instante, ovunque, sempre, con le parole e i fatti. Significa allo stesso tempo avere la forza di dire no al grigiore, all’iniquità, alla falsità, al tradimento, all’incoerenza. Significa ergersi a paladini sì, ma con armonia, comprensione e apertura verso l’altro.

La capacità di vivere con il cuore aperto consiste nel saper abbracciare tutto e tutti con gioia, senza indossare maschere prodotte ed imposte dalla società. Anche se questo può renderci vulnerabili, dovremmo imparare a essere aperti nella vulnerabilità; credo infatti, come dice Rumi, che un cuore sanguinante di dolore non sia mai un problema del ferito, ma del feritore.
L’amore è più forte quando misto a tormento.
Nella nostra città,
non ti chiamiamo Innamorato
se rifuggi il dolore.
Cerca così l’Amore,
accoglilo nell’anima,
e guarda il tuo spirito volare via in estasi.
Lasciamo che il sacro tremore del cuore illumini le nostre vite, come dicono gli shivaiti del Kashmir.
Umilmente vostro.
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Vivere con il cuore aperto
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Vivere con il cuore aperto consiste nel saper abbracciare tutto e tutti con gioia, senza indossare maschere prodotte ed imposte dalla società, anche se...
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Claudio Valdiserri
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ll Giornale dello Yoga
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