
I Veri Antichi sono i Moderni
“Contraendo l’ano si solleva vāyu dal mūlādhāra e per tre volte si va in cerchio intorno a svadhiṣṭhāna. Poi, passato maṇipūraka si attraversa anāhata, si controlla prāṇa in viśuddhi e finalmente, raggiunto ājñā poi avendo raggiunto Ajna, si contempla in brahmarandhra[…] e si diviene il senza forma[…] questo è quel paramahaṃsa [il Cigno Supremo]. […]. Haṃ è il seme, sa è la śakti, so’ham è il kilaka [il pilastro]”
COME NON SMARRIRE LA CONOSCENZA TRADIZIONALE NEL MERCATO MODERNO DELLE DISCIPLINE OLISTICHE
Sono 45 anni che mi occupo di Yoga e di discipline psicofisiche orientali, quelle che oggi, unite al “Misticismo Quantico”, alle tecniche terapeutiche dello Human Potential Movement e al “Nuovo Pensiero” americano – i profeti della Legge dell’Attrazione per intenderci – vengono definite “Olistiche”.
Fino a non molti anni fa, per una serie di ragioni che uno scrittore affetto dal morbo del luogo comune definirebbe “i casi della Vita”, ho avuto a che fare, quasi esclusivamente, con insegnanti e maestri orientali appartenenti, a sentir loro, a quelli che un tempo si definivano “Lignaggi Tradizionali”.
Questo se da un lato mi ha dato una, secondo me, buona preparazione per ciò che riguarda le basi teoretiche e una discreta conoscenza della “Fisiologia Sottile”, dall’altro mi aveva reso un po’ rigido,
A ripensarci mi viene da ridere: accettavo solo allievi che mi chiedevano per tre volte l’insegnamento e, fedele al motto “liberamente ricevuto, liberamente dato”, dopo aver chiesto il permesso a quelli che chiamavo, all’epoca, i miei “riferimenti” davo loro lezioni individuali, a orari indecenti, ovviamente (!!!) senza ricevere alcun compenso e con il divieto assoluto di chiamarmi maestro.
Nel 2010 Malcolm Bilotta, uno psicologo di Lerici, a quei tempi mio allievo, mi convinse a tenere degli Stage per insegnanti e da allora, sempre per i famosi casi della Vita, ho fatto dello Yoga la mia professione e sono entrato nel mondo, e nel mercato, delle discipline Olistiche occidentali.
Credo sia stata una scelta obbligata: non essendo ricco e non avendo, come diceva Prema Dharma, uno dei miei insegnati di Advaita Vedanta, la qualificazione del monaco, se volevo dedicarmi a tempo pieno alla pratica e allo studio dovevo accettare di essere pagato.
Ho conosciuto, devo dire, bravissimi insegnanti che per guadagnarsi il pane svolgono altre attività, ma io personalmente non ne sarei capace.
Credo che lo Yoga, come le Arti Marziali cino – giapponesi, sia un’amante gelosa: vuole sempre la tua completa attenzione e non sopporta la minima distrazione. Diceva Sensei Akira Matsui, un altro dei miei istruttori “la Via della Spada non ti lascia scelta: o non la conosci, e va bene, o la segui fino a diventare tu stesso spada”.

Le ragioni del mercato
La Tradizione autentica è una tradizione vivente. Può essere trasmessa solo da persone in carne ed ossa che si adeguano agli usi e ai costumi del tempo e della società in cui vivono.
Una tradizione che non sa rinnovarsi è carne morta. Qui, nell’occidente del XXI secolo attaccarsi alle usanze del passato, sforzarsi di vestirsi, muoversi, comportarsi come i maestri indiani di mille o diecimila anni fa sarebbe come imbiancare dei sepolcri e chiamarli templi.
Da quando sono entrato nel “mercato” delle moderne discipline olistiche ho conosciuto persone fantastiche che sanno unire le antiche Arti Orientali alla nostra tradizione, alle ultime teorie scientifiche, alle discipline psicofisiche occidentali.
Ho collaborato con insegnanti e terapeuti straordinari che sanno coniugare la meditazione buddista con la psicogenealogia di Alejandro Jodorowsky, il Qi Gong con la Gestalt Therapy, le Costellazioni Familiari con il Tantra.

Una tecnica si giudica dai risultati e a quanto ho visto, il mescolare le moderne discipline occidentali con le antiche pratiche indiane, cinesi o tibetane ha effetti assai positivi sui praticanti e sui pazienti.
Milioni di persone oggi si interessano allo Yoga grazie ai Cinque Riti Tibetani, una sequenza nata dalla fantasia di uno sceneggiatore di Hollywood degli anni ’30! Lo trovo meraviglioso: è la prova della nostra capacità di rinnovare la Tradizione sposando il passato con le nuove teorie e le nuove scoperte delle Neuroscienze, della Fisica, della Psicologia e, perché no, con il cinema e il teatro.
Però ci sono anche dei rischi.
Il linguaggio dei moderni terapeuti, ad esempio, o degli sceneggiatori hollywoodiani è ovviamente più comprensibile e familiare di quello degli antichi Rishi.
E questo rischia di far smarrire, progressivamente, il rapporto con la “Sorgente originaria”.
Prendete una frase di un maestro contemporaneo legato allo Human Potential Movement, Deepak Chopra:
“Il vostro vero io non è depresso, e non lo è mai stato. Incamminandovi sulla via per ritrovarlo, farete di più che curare la vostra depressione: emergerete alla luce e vedrete la vita in modo nuovo.”
Si tratta di parole chiare, comprensibili a tutti e innegabilmente consolatorie (“Emergete alla Luce!”).
Prendete adesso una frase della Bhagavadgītā, uno dei testi più citati dello Yoga:
“Io sono oltre Prakriti e sono anche superiore al Kutastha. Per questo nei mondi e nei Veda sono glorificato col nome di Purushottama”
Quanti sono coloro che possono capire immediatamente di cosa si parla?
Uno su cento?
Un libro di Deepak Chopra o di Eckart Tolle è accessibile a chiunque abbia una cultura media, mentre un testo tradizionale indiano o tibetano esige una cultura e una preparazione decisamente fuori dal comune.
Ovviamente nessuno ci obbliga a studiare dei brani composti migliaia di anni fa in una lingua a noi estranea, e in un ambito culturale molto diverso dal nostro.
Ma secondo me sarebbe importante, almeno per chi insegna Yoga cercare di capire cosa diavolo scrivevano i Rishi vedici, Vyasa (l’autore della Bhagavadgītā) o Adi Shankara (il riformatore di quello che oggi chiamavo Induismo).
Se dobbiamo prendere un farmaco leggiamo con attenzione le indicazioni, la posologia e gli effetti collaterali. Giusto?
Perché se pratichiamo Yoga (e, soprattutto, se lo insegniamo), una disciplina che è finalizzata alla trasformazione di “Corpo, Parola e Mente”, non dovremmo comportarci alla stessa maniera?
Credo che per un insegnante sapere di cosa trattino, ad esempio, le Upanishad vediche e studiare, tra le principali, almeno quelle che si occupano della pratica dello Yoga, sia un dovere, a prescindere dalla sua abilità didattica, dalle sue capacità di comunicazione e dall’amore con cui si dedica alla sua professione/missione.

Conclusione
È vero, la Tradizione autentica è una tradizione vivente. Può essere trasmessa solo da persone in carne ed ossa che si adeguano agli usi e ai costumi del tempo e della società in cui vivono.
Ma non bisogna mai abbandonare il legame con la Sorgente.
Un solo sutra di una Upanishad vedica, può aprirci orizzonti inaspettati, costringendoci a rivedere le nostre convinzioni, le nostre credenze e la nostra pratica,
Il Mercato delle Discipline Olistiche ha avuto il grande merito di portare al grande pubblico teorie e tecniche un tempo riservati a pochi eletti.
Ma per sua stessa natura il Mercato porta alla semplificazione o, peggio, alla banalizzazione,
Il fruitore delle Discipline Olistiche vuole spesso dei metodi chiari, semplici per “Star Meglio” e “Guarigione” è diventato sinonimo di “Realizzazione”.
Una via faticosa, che prevede la pratica giornaliera e l’attenzione continua è poco commerciabile.
Lo studio di testi complicati e l’elaborazione di concetti complessi sono sicuramente meno attraenti della comprensione immediata assicurata da testi scritti ai nostri giorni per il grande pubblico, e di teorie inneggianti alla facile autorealizzazione nel lavoro e nelle relazioni personali.
Un moderno insegnante di Yoga non può non tener conto del mercato e delle moderne strategie di comunicazione, ma, secondo me, deve sempre tenere un occhio rivolto al passato, alle origini di quella meravigliosa Arte dell’Essere Umano che è lo Yoga… perché ho il sospetto che, talvolta, i veri “Antichi” siano i moderni.
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I Veri Antichi sono i Moderni
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I Veri Antichi sono i Moderni (come non smarrire la conoscenza tradizionale nel mercato moderno delle discipline olistiche). Fino a non molti anni fa...
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Paolo Proietti
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Il Giornale dello Yoga
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