
Positive Thinking e abbondanza (materiale)?
Ma fatemi il piacere!
Negli ultimi vent’anni si è affermata con forza l’attitudine del Positive Thinking, una scuola di pensiero secondo la quale, mantenendo un atteggiamento mentale positivo, cioè aspettandoti risultati favorevoli nella tua vita, li otterrai. Questa corrente di pensiero si basa sul presupposto che la realtà sia plasmabile dalla mente, per cui sostituendo le emozioni e i pensieri negativi con affermazioni positive diventerai un uomo di successo, appagato e ricco. L’abbondanza si manifesterà per te. Questa peculiare filosofia ha avuto particolare successo soprattutto nei campi della finanza, della televisione e del marketing: piace a tutti l’idea che si possa essere spirituali mentre si sta cercando di fare una montagna di soldi! Ahimè, al contrario di ciò che pensano tutti quegli yuppie new age là fuori, purtroppo questo mito non è vero.
Manifestare l’abbondanza nella propria vita
Il concetto per cui basta credere fermamente in qualcosa per manifestarlo nella propria vita è di per sé genuino e viene descritto da diverse tradizioni spirituali. Ad esempio nella tradizione dello yoga, Paramahansa Yogananda (un grande yogi e mistico del secolo scorso) diceva:
“La perfezione e la prosperità sono tue fin dalla nascita, ma tu scegli di essere imperfetto e povero. La sensazione di possedere ogni cosa deve diventare un’abitudine mentale per ciascun essere umano”.
Questo stesso concetto si trova espresso da Gesù quando dice ai suoi apostoli:
“In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senape, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile”.
Ok, fino a qui tutto bene, credi fermamente in qualcosa e questo si manifesterà nella tua vita. Ma allora cosa c’è di male nel Positive Thinking? Adesso te lo spiego!

L’abbondanza di cui parlano i mistici va intesa come abbondanza di spirito, non come abbondanza di cose. Abbondanza di silenzio e non di rumore. Abbondanza di profondità, non di superficialità. Altrimenti si rischia di diventare così abbondantemente poveri che i soldi sono l’unica cosa di cui, alla fine, si è in possesso.
Cosa cerca chi usa il Positive Thinking?
I seguaci del Positive Thinking applicano ciò che ho appena spiegato ad una dimensione decisamente bassa della manifestazione, cioè l’abbondanza materiale.
“A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”.
Questa è la pietra miliare su cui si basa il Positive Thinking. Partendo dalla frase di Gesù il pensiero positivo sostiene che tutto dipende da te: se la tua ragazza ti ha lasciato, se hai avuto un insuccesso lavorativo, se hai preso una brutta malattia, se sei povero, è soltanto colpa tua! Esiste qualcosa nel tuo comportamento che non va bene e che quindi deve essere cambiato. Forse sono i tuoi pensieri? Forse le tue emozioni? Forse una tua maniera di comportarti? C’è qualcosa che non va, perché sei tu il fautore del tuo destino e di conseguenza è colpa tua se le cose non vanno come ti aspetti!
Questa particolare concezione porta a due conseguenze:
È cosa buona dividere l’universo, le emozioni, i pensieri, i comportamenti in due:
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Il giudicare è una caratteristica insita nel modo di pensare dell’essere umano (o dell’ego, se vogliamo usare un termine più specifico) ed è un atteggiamento che la filosofia del Positive Thinking incoraggia, al contrario di quello che predicano i mistici di quasi tutte le tradizioni spirituali genuine. Se questa fosse la strada giusta da percorrere, c’è da chiedersi come mai lo stesso Gesù abbia detto:
“Quando farete dei due uno, e quando farete l’interno come l’esterno e l’esterno come l’interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno (dei Cieli)”.
In questo passo Gesù parla di Unità o di Non Dualità: cerca di indirizzare l’uomo verso un percorso non dogmatico in cui il praticante, per raggiungere il Regno dei Cieli, deve guardare il mondo senza giudicarlo (quando farete dei due uno). Nell’Unità infatti non esistono più né soggetto, né oggetto, né l’azione del giudicare.
Il positive thinking (e purtroppo anche buona parte del cristianesimo) incoraggia invece il praticante a dividere il mondo in “bene” e “male”: cambia questo modo di pensare che giudichi “sbagliato” e otterrai dei frutti meravigliosi!
Da questo concetto possono derivare sia il senso di colpa sia le guerre sante e possono nascere atteggiamenti settari. Il praticante si deve “connettere” ad altre persone che “vibrano” ad un ottava “superiore” in modo che anche lui possa innalzarsi e si deve “sconnettere” da ciò che è impuro e basso (pratica diffusissima, ad esempio, nella moderna “chiesa” di Scientology).

L’abbondanza materiale è sinonimo di abbondanza spirituale.
Questo, se possibile, è un messaggio ancora più deleterio del precedente! Basta osservare la vita dei mistici per capire che per trovare lo spirito bisogna perdere (almeno momentaneamente) i beni materiali. Buddha era un principe smodatamente ricco che, per poter intraprendere la ricerca spirituale e riuscire a raggiungere l’Illuminazione, ha rinunciato al suo status e ai suoi possedimenti. Stessa cosa per San Francesco di Assisi, anche lui ha rinunciato alla ricchissima eredità di famiglia spogliandosi nudo di fronte al vescovo e al padre, come a dire: “Rinuncio a tutto per cercare lo Spirito!”. Gesù, considerato dalla teologia cattolica come unico Figlio di Dio, ha trascorso quaranta giorni nel deserto costringendosi al digiuno (altro che abbondanza!) per poter essere pronto alla missione che lo aspettava. Ramakrishna Paramahamsa, mistico e yogi del XIX secolo di impareggiabile levatura, espresse un rifiuto così netto per il denaro da non volerlo nemmeno toccare: si racconta che il giorno in cui gli buttarono addosso una rupia per fargli uno scherzo, essa lo ustionò.
È evidente dalla vita di questi mistici che l’insegnamento per cui l’abbondanza materiale sarebbe sinonimo di abbondanza spirituale è completamente fallace. Al giorno d’oggi però la nostra società, travisando completamente la situazione, tende a considerare Steve Jobs un Guru (cioè un maestro spirituale), un esempio da seguire, un uomo nobile e giusto soltanto perché il mago del marketing californiano si dichiarava buddhista, aveva viaggiato in India e “seguiva” gli insegnamenti di Yogananda sull’abbondanza (o, almeno, solo una parte di essi, mi pare).
Ora come in passato, l’uomo tende sempre a farsi abbagliare dalle cose che luccicano…


Bada bene, non sto dicendo che per essere un autentico ricercatore spirituale tu debba essere povero, ma semplicemente che per trovare lo Spirito devi essere pronto a rinunciare a tutto, ad un certo momento del percorso (questo stesso concetto l’ho espresso anche nell’articolo “Sei depresso o sei sul cammino spirituale?”).
E non ti preoccupare per ciò che avrai lasciato alle spalle, ti sarà restituito “cento volte tanto”, per dirla con le parole di Gesù. Buddha non è stato solo il principe di un piccolo regno, ma il capostipite del buddhismo; San Francesco non è stato solo un ricco nobile italiano, ma è un esempio da seguire da più di 800 anni!
Cosa si deve cercare allora sul cammino spirituale?
La ricerca spirituale, per come la capisco io, dovrebbe seguire due direttrici fondamentali: la ricerca dentro se stessi, di ciò che si è veramente e l’apertura (o la non reattività) a qualsiasi cosa ci succeda fuori, nella manifestazione.
Il ricercatore attraverso la pratica spirituale dovrebbe riuscire ad essere più aperto, più compassionevole, più pieno di amore sia verso gli altri sia verso se stesso. L’abbondanza di cui parlano i mistici va intesa come abbondanza di spirito, non come abbondanza di cose. Abbondanza di silenzio e non di rumore. Abbondanza di profondità, non di superficialità.
Se l’abbondanza di cui parlavano Gesù e Yogandanda è mal interpretata, magari si riesce anche a diventare ricchi, ma allo stesso tempo si è estremamente poveri. Ricchi di automobili e poveri di profondità, ricchi di donne e poveri di saggezza, ricchi di conoscenti e poveri di amici.
Si rischia quindi di diventare così abbondantemente poveri che i soldi sono l’unica cosa di cui, alla fine, si è in possesso.
“Il generale vittorioso, dopo aver finalmente espugnato il castello, entra nel salone principale dove, seduto, lo aspetta un monaco che lo guarda.
“Alzati! Te lo ordino!” urla il generale. Il monaco non si muove. Il generale quindi tira fuori la spada, la punta alla gola del monaco e gli sussurra “Monaco, forse tu non sai chi sono io… Io sono l`uomo che può toglierti la vita adesso, senza nemmeno batter ciglio”.
Il monaco, con tutta calma, guardandolo negli occhi, gli risponde: ”Generale, forse sei tu a non sapere chi sono io… Io sono l’uomo che può farsi uccidere senza nemmeno batter ciglio”.
E tu chi sceglieresti di essere, il monaco o il generale?
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Positive Thinking e abbondanza (materiale)? Ma fatemi il piacere!
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Il concetto per cui basta credere in qualcosa per manifestarlo è di per sé genuino. Peccato che tutto il resto del Positive Thinking sia spazzatura, infatti...
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Giulio Pietro Be
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Il Giornale dello Yoga
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emm non sono d’accordo =) nella mia vita riesco ad attirare eventi, oggetti e quanto io creda possibile ottenere semplicemente chiedendo a me stesso. E la ricchezza non e’ solo il denaro ma lo e’ anche la natura che ti circonda.
E non c’entra il positive thinking ma il domandare al dio di noi stessi in stato di totale presenza