
Asana e Stelle – La lingua perduta dei veggenti
Il Canto Delle Stelle¹
-” Di Du De Do…Ba Bi Bu Be…”-
Non è una canzone di Frank Sinatra, e nemmeno un esercizio di logopedia.
Si tratta di alcuni dei suoni delle stelle secondo la tradizione vedica.
Per gli antichi indiani la sfera celesta era divisa in 27 settori, o “Case Lunari”, chiamati नक्षत्र nakṣatra, letteralmente stelle, o perle. Da ogni “Casa Lunare” provengono tredici raggi (2) che raggiungono la terra. Quattro di essi, percepibili come “suono-luce”, sono indicati, appunto, con le sillabe A, I, U, E, O, BA, BI, BU, BE, BO ecc.
In tutto avremo 27 x 4 = 108 suoni-luce corrispondenti ai 108 mattoni della Materia. 108, come i grani della Mala, o come gli elementi previsti sia dal chimico Dmitrij Ivanovič Mendeleev (quello della Tavola Periodica degli Elementi) (3) sia, almeno 3.000 anni prima (così almeno si dice) dal ṛṣi Kaśyapa (4).

Dmitrij Ivanovič Mendeleev
Ai 108 percepibili se ne devono aggiungere altri 252, per un totale di 360 raggi, uno per ogni grado della sfera celeste. La teoria dei poeti indiani (5) è affascinante: la radianza delle stelle, in sanscrito मरीचि marīci, non solo porterebbe la vita sulla terra e in tutti gli indefiniti mondi paralleli che costituiscono l’Universo dei Veda, ma avrebbe il potere, in determinate condizioni, di aumentare la frequenza vibratoria delle nostre cellule favorendo quei “passaggi di livello coscienziale” che vengono definiti Realizzazioni, Illuminazione, Liberazione….
Nell’essere umano sarebbero presenti tutti e 360 i raggi: quelli che illuminano il cosmo, quelli che danno vita alla materia e quelli da cui insorgono pensieri, desideri, emozioni.
Li troviamo, pronti a rispondere al “Canto delle Stelle”, nei sei cakra fondamentali dello Yoga (perineo, genitali, ombelico, cuore, gola, centro delle sopracciglia):
- 56 risuonano al mūlādhāra cakra, il plesso del perineo;
- 62 allo svadhiṣṭhāna cakra, plesso dei genitali;
- 52 al maṇipūra cakra, plesso dell’ombelico;
- 54 allo anāhata cakra, plesso del cuore;
- 72 al viśuddha cakra, plesso della gola;
- 64 allo ājñā cakra, plesso della fronte;

I Cakra
La Dea dell’Alba chiamata dai Buddisti Marīcī, o Colei che irradia, nell’istante della creazione, lascia cadere, nelle profondità del nostro animo, dei “Semi di Luce” (o di “Suono” o di “Suono-Luce”).
Quando, in seguito alla pratica dello Yoga, per un particolare stato emotivo o per un caso fortuito, diventiamo sensibili al “Canto delle stelle”, i “Semi di Luce” germogliano e “il Cosmo si accende dentro di noi”.
Come le corde dell’arpa, mosse dal vento, creano melodie inaspettate, così i nostri organi interni, le ossa, le cellule si intonano con la voce del cosmo, rendendoci partecipi dell’Armonia delle Sfere.
È dai Semi di Luce che sboccia l’Universo Interiore.
Per gli indiani dei Veda, all’interno dell’essere umano c’è, dormiente, un intero Universo, con tanto di pianeti, astri e galassie (6).
Il Canto delle Stelle lo risveglia, tramutando ogni gesto in una danza cosmica e ogni pensiero in un viaggio astrale.
Una metafora poetica?
Forse no.

Marici
Recentemente si è scoperto che gli “astrociti”, le cellule a forma di stella (da cui il nome) che compongono dal 20 al 50% della massa cerebrale, e i “microtubuli”, la struttura portante delle cellule, comunicano tra loro, e danno vita a processi assai particolari.
I microtubuli neuronali, se stimolati da determinate frequenze vibratorie (suoni) producono energia, in forma di luce e calore.
Un’energia che sarebbe, in grado, addirittura di modificare il DNA.
A loro volta gli astrociti, che comunicano non attraverso impulsi elettrici, ma tramite la luce, “attivati” dall’energia dei microtubuli, cominciano a rigenerare il tessuto nervoso creando nuovi neuroni e, di conseguenza, nuove sinapsi.
In quest’ottica lo Yoga verrebbe a porsi come “Arte della Vibrazione”
Lo scopo di Āsana, Mudra, Mantra, sarebbe quello di far vibrare nel corpo l’energia delle stelle.
Se la vibrazione stimola la produzione di energia luminosa da parte dei microtubuli, un’energia che permette agli astrociti di generare nuovi neuroni, la cosiddetta illuminazione non sarebbe altro che l’attivazione contemporanea di tutti i microtubuli neuronali e la conseguente stimolazione di tutti gli astrociti.
Che lo Yoga conduca alla rigenerazione cellulare e alla modificazione del DNA, come dicono alcuni, è un ipotesi affascinante, ma come tutte le ipotesi, va, ovviamente, verificata.

Astrociti
Certo che se si pensa alla sproporzione tra il numero dei praticanti di Yoga (solo negli Usa sono 13 milioni) e quello dei casi, conclamati, di trasformazioni fisiche o guarigioni inspiegabili legate, alla pratica, viene da pensare che sia, appunto, solo un’ipotesi, affascinante ma campata in aria.
Tra l’altro le stelle illuminano tutti alla stessa maniera: in che modo e per quale ragione alcuni sarebbero in grado di utilizzarne la luce e altri, la maggioranza degli esseri umani, no?
Le Stelle Dentro Di Noi
In quarantacinque anni di pratica e di ricerca mi sono convinto che nello yoga si debba andare “fuor di metafora”.
Bisognerebbe, cioè, in molti casi, se non in tutti, prendere gli insegnamenti antichi alla lettera.
Parlando di illuminazione, ad esempio, molti di noi pensano, automaticamente, alla descrizione poetica di una particolare condizione della mente o un particolare stato di coscienza, e se invece fosse una reale, “fenomenica” esplosione di luce?
Se fosse la percezione delle stelle che dimorano in noi?

Planisfero Celeste
Ho scoperto che gli āsana sono costellazioni, asterismi in maniera assolutamente casuale.
Qualche anno fa, per un video didattico, sono andato a cercare, su Google, immagini di posizioni Yoga con nomi di uccelli.
Ho digitato “Pavone, Corvo, Cigno, Gru, Colomba…” e mi sono apparse le immagini della Via Lattea. La cosa mi ha incuriosito, ed ho provato a rintracciare nei testi indiani di astronomia, i nomi delle posture fondamentali. Ebbene, tutti gli āsana che conosco, da Trikonāsana a Maṇḍūkāsana (Posizione della Rana), da Garudāsana alla Postura del Natarāja, corrispondono a stelle, costellazioni o asterismi.
Śiva, il Re della Danza (questo significa Natarāja) non è altri che Orione il Cacciatore. Per rendersene conto basta confrontare le immagini del Dio che Danza con quelle del Cacciatore innamorato delle Pleiadi:

Śiva

Orione
Gli āsana sono corpi e fenomeni celesti e le sequenze tradizionali sono mappe del cielo, forse rotte di antichi naviganti.
A prescindere dagli eventuali risvolti pratici, è comunque bellissimo: ogni volta che assumiamo una serie di posizioni stiamo raccontando la storia di un viaggio!
Con le corrispondenze astrali lo Yoga si rivela immediatamente danza sacra e ci fa vivere con il corpo, fisicamente, quelle corrispondenze tra essere umano (Microcosmo) e Universo (Macrocosmo), che spesso prendiamo per metafore di stati di coscienza, o poetici tentativi di ovviare alla nostra ansia di incompiutezza.
Bellissimo.
Ma l’identità tra āsana e stelle è anche la chiave per cogliere il senso vero dello Yoga: lo svelamento della nostra origine celeste e la trasformazione insieme, del corpo e della mente.
Rigenerazione cellulare, dicevo, e modificazione del DNA.
Fantascienza?
I Nath e i Siddha del Tamil, gli ideatori dello Haṭhayoga, ne parlano da sempre.
Tirumular (conosciuto anche come Cuntaranātar) nel Tirumantiram(7), (un librone di 3.000 versi in cui si narrano le gesta dei primi siddha, Nandi, Patañjali, Vyaghrapada ecc.) afferma di avere almeno tremila anni e Babaji di Hairakhan, morto nel 1984, sarebbe il Babaji Nagaraji di cui parlano le cronache di migliaia di anni fa.
Leggende?
Sulla base delle mie esperienze con la serie Rishikesh, delle ricerche e dei documenti che mi ha fornito Rupchand, uno degli allievi storici di Babaji di Hairakhan, mi sono fatto l’idea che lo Haṭhayoga sia qualcosa di diverso da ciò che si crede comunemente e che dietro ai racconti di fenomeni paranormali ci sia qualcosa di più del desiderio di stupire che anima molti discepoli devoti.

Babaji
La Danza Degli Dei
Supponiamo che ci siano veramente le stelle dentro di noi e che migliaia di anni fa i nostri progenitori abbiano scoperto il modo di farle risuonare con la Musica delle Sfere Celesti.
Supponiamo anche che queste “stelle dentro di noi” siano quegli astrociti di cui si sta interessando l’equipe californiana del prof. Fred H. Gage [“Salk Institute for Biological Studies”]. Gli astrociti sono sensibili alla luce e oggi sappiamo che stimolando con vibrazioni sonore i microtubuli neuronali, il cervello si “illumina di luce propria” [vedi: Stuart Hameroff, Roger Penrose. Consciousness in the universe, Physics of Life Reviews, 2013].
È tanto assurdo supporre che sia possibile stimolare i microtubuli neuronali e, di conseguenza gli astrociti, con suoni/vibrazioni prodotti dallo Yogin?
Secondo me no, e credo che ci sia una maniera per verificarlo.
Innanzitutto con gli āsana e le sequenze si deve ammorbidire, e in un certo senso espandere, il corpo.
La voce deve viaggiare, tra muscoli, pelle e ossa, senza ostacoli, come il vento sul mare, infilandosi nelle decine e decine di interstizi, cavità e canali che si trovano nel nostro cranio, far vibrare le ossa per arrivare, infine, alla massa cerebrale.
Con la pratica si riesce a far risuonare ogni singola parte della testa, producendo dei suoni ad alta frequenza chiamati Overtones o ipertoni, base del cosiddetto Canto Armonico.
Nella produzione degli armonici è fondamentale il ruolo del palato molle (detto nel tantrismo “dimora di Rudra, l’urlatore”). Si può dire che il palato molle sia la porta d’accesso agli stati superiori di coscienza. La produzione degli “ipertoni” è accompagnata da una sensazione tattile, una specie di carezza o massaggio nelle varie zone del cranio.
Portando l’attenzione su questa sensazione, dopo un po’ di tempo, insorge il suono interiore, una specie di piacevole frinire di insetti non legato al battito cardiaco né al flusso del respiro.
È come se il cervello si mettesse, d’un tratto, a cantare da solo. Spesso al frinire si accompagnano dei fenomeni luminosi, fiori di luce che si formano e si disfano seguendone il ritmo.
La qualità del lavoro sugli āsana, una volta che presa confidenza col suono interiore, muta radicalmente. Il gesto si fa più morbido, leggero, e, sotto pelle, si avverte una specie di effervescenza [forse la carezza divina di cui parlano i tantrici, vedi il “Parātrīśikāvivaraṇa” di Abhinavagupta]. Cercare in questa condizione, l’allineamento con le costellazioni, pensando che ad ogni articolazione corrisponda un corpo celeste è un’esperienza che vale la pena di provare.
Il canto delle stelle risuona in ogni singola cellula, e il corpo non può far altro che danzare.
Questo è lo yoga: una danza, “la Danza degli Dei”.
Note dell’Autore:
1- Vedi “Hatha Yoga, la lingua perduta dei Veggenti – simbologia e pratica della Serie Rishikesh” – Aldenia Edizioni, Firenze 2016.
2- Per la precisione 13, 3333…per un totale di 27×13,(3)= 360, un raggio per ogni grado della sfera celeste.
3- Dmitrij Ivanovič Mendeleev (Tobol’sk, 8 febbraio 1834 – San Pietroburgo, 2 febbraio 1907) chimico russo, fu l’inventore della tavola periodica degli elementi. A differenza di altri precedenti contributori alla tavola, Mendeleev fornì un sistema di classificazione che prevedeva le caratteristiche di elementi non ancora scoperti.
4- Kaśyapa , autore del Kashyapa Samhita, uno dei testi più importanti della Medicina tradizionale indiana, fu astronomo, medico e yogin. È considerato uno dei sette ṛṣi, letteralmente veggenti, i patriarchi della religione vedica.
5- Atharvaveda “Shaunakiya recension” Inno 19.7.
6- Vedi, ad esempio, “Uttara Gita – or The Initiation of Arjuna by Sri Krishna into Yoga and Jnana”
English Translation and Notes by B.K. Laheri, F.T.S. – T.P.H. Oriental Series No. 9 – Theosophical Publishing House, Adyar, Madras, India 1933 – Cap. II,15-16: “15. Susumnã is a fine nerve that passes between the Idã and Pingalã. From this Susumnã all the JnãnaNãdis (sensory nerves) take their birth: hence it is called the Jnãna-Nãdi. The Sun, the Moon, and the other Devatas, the fourteen Lokas of Bhur, Bhuvar, etc., the ten directions,East, West, etc., the sacred places, the seven oceans,the Himãlaya and other mountains, the seven Islands of Jambu, etc., the seven sacred rivers, Gangã, etc., the four Vedas, all the sacred philosophies, the sixteen vowels and twenty-four consonants,the Gãyatri and other sacred Mantras, the eighteen Purãnas and all the Upa-Purãnas included, the three Gunas, Mahat itself, the root of the Jîvas, the Jîvas and their Atman, the ten breaths, the whole world, in fact, consisting of all these, exists in the Susumnã.”
7- “Tirumantiram” – ITES Publications, Madras 1979.
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Asana e Stelle - La lingua perduta dei veggenti
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Ho scoperto che gli āsana sono costellazioni, in maniera assolutamente casuale. Qualche anno fa, per un video didattico, sono andato a cercare...
Author
Paolo Proietti
Publisher Name
Il Giornale dello Yoga
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Caro Paolo, sono stata oltremodo felice di aver incontrato questo tuo scritto che coincide esattamente con quello che ho intuito anch’io, da studiosa di yoga e di astrologia classica. ne ho fatto uno studio che presenterò il 22 aprile al cida a milano. è molto bello incontrare riscontri alle proprie idee. grazie.