
Alle volte cadrai
di Simone Sestieri
Riflessioni di un giovane yogi attratto la Lato Oscuro della Forza
Da ragazzino, poco più che lattante, quando mi chiedevano: «Simone, cosa vuoi fare da grande?», io rispondevo, tutto pomposo, «L’edicolantesabotatoresovversivo», e ne ero convinto, eccome. Quindi passavo le giornate mie all’edicola sotto casa, dove c’era ‘sta nonnina piccina piccina con tutti capelli bianchi arruffati e una gobba prorompente. Io le volevo proprio bene, alla vecchia, e mi facevo insegnare il mestiere, «Ché quando sarò grande», dicevo, «l’edicola qua la prendo io». Poi la nonnina è morta, l’edicola è stata mangiata da un altro palazzo e a lei hanno dato una buona uscita che l’ha fatta invecchiare male.
In quinta elementare volevo fare l’investigatore privato, o l’indagatore dell’incubo, proprio come Dylan Dog, e compravo tutti quegli oggetti strani che si vedevano nelle riviste patinate, gli occhiali a raggi X e i walkie talkie per sentire a centinaia di metri di distanza. Avevo anche una banda tutta mia e come spiavo le femmine io non le spiava nessuno. E anche se noialtri bamboccini urlavamo a squarciagola: «Le femmine fanno schifo!», un pochetto, lo ammetto, ci iniziavano a piacere, così belle e diverse da noi.
Al liceo invece volevo fare lo scrittore o il fumettista. Passavo le giornate sui banchi di scuola, ben nascosto tra le cartelle Invicta, a scrivere storielle e raccontini che poi facevo leggere ai miei compagni, soprattutto a Francesca, che a me piaceva tanto ma non glielo riuscivo mai a dire.
All’università volevo fare lo sceneggiatore, co’ ‘sta fissa della scrittura che mica se ne va. Dopo, finiti gli studi, ho cominciato a sognare e ogni giorno sognavo in grande e ogni giorno mi sbattevano porte in faccia. Le riviste impegnate politicamente, le riviste per adolescenti, le riviste di cinema, i registi di serie televisive di dubbio gusto, le case editrici. Nonostante questo i miei genitori mi sorreggevano. Sono pure caduto mezzo in depressione, stufo di contratti senza contratto, di cravatte troppo strette, di aziende che non pagavano.

Qualche anno fa ho cominciato a fare yoga e non mi sono più fermato. Ho praticato, meditato, sono stato male, sono stato bene, ho smesso, ricominciato, sono diventato vegetariano, ho imparato tecniche di respiro, ho posizionato gli occhi al centro della fronte, ho riso, ho pianto, ho assorbito. Infine, dopo aver superato i trent’anni, ho chiesto alla mia insegnante se potevo fare il corso per diventare anche io insegnante. E quando ho iniziato la scuola io sapevo, sapevo, che questa era la strada mia. Dopo il primo giorno di lezione già stavo correndo alle olimpiadi. E gli amici, anche quelli stretti, e la mia compagna di un tempo, mi dicevano: «Viaggi troppo con la fantasia! Torna con i piedi a terra!». Ché io, è vero, con la fantasia ci viaggio. Ma non con la prospettiva del futuro, macché, al futuro io non c’ho mai pensato troppo, eccessiva ansia per la generazione nostra tutta così incentrata sul precariato, cerco quindi di vivermi il presente, studiavo -e studio- per il gusto di imparare, no no; io sapevo che quella era la cosa più bella che c’era e dentro quel mondo ci volevo proprio vivere. Volevo praticare tutti i giorni e ricambiare dando un pezzettino di quel che avevo ricevuto. Rivendicando il mio diritto di agire. Il mio essere unico.
L’anno scorso ho conosciuto questa ragazza, per niente sicura di sé, ma determinata a mutare la sua vita. Confusa certo, come si è confusi quando avvengono grandi cambiamenti, e a volte triste, così triste da far crollare il sole, e altre volte scontrosa, e altre volte ancora tanto sola. Questa ragazza, che per comodità chiamerò Fanciulla, si sentiva persa, dopo tanto tempo passato a vivere in un porto sicuro. E non sapeva chi era e non sapeva cosa voleva. Aveva paura. Così si trascinava. Poi è successo qualcosa, io giuro mica lo so cosa, ma gli occhi suoi sono cambiati. Oggi Fanciulla ha un sorriso grande almeno quanto la luna (ed è bellissima quando ride), sta prendendo in mano la sua vita e si sveglia tutte le mattine all’alba. Studia, perché studiare è importante, e sa cosa vuole. Lotta per questo.
Fanciulla, quando stava così giù, aveva un terzo chakra totalmente chiuso, oggi Manipura, il terzo chakra, brilla. «Io posso», ci dice il nostro centro del comando. Immaginate sì il terzo chakra come la zona del comando, il quartier generale dove Volontà e Determinazione combattono ogni giorno senza sosta, affiancati da personaggi quali Patanjali e Mastro Lindo (due esempi a mio avviso di grande forza di volontà). È tipo ‘na battaglia no, ché a Fanciulla in tanti hanno detto che no, mica ce la fai, accanna. Io vedo Fanciulla e penso che la roba dei chakra è vera, e vedo me e lo penso pure di me. Fondamentalmente essere felici è ‘na lotta, una guerra forse.

Quindi sì, bisogna lottare. Per vivere dobbiamo equilibrare il nostro terzo chakra, dobbiamo sfruttare la nostra unicità. Perché siamo speciali. Abbandoniamo le paure, le paure sono mostri feroci con i denti gialli e occhi spiritati, e prendiamo la nostra spada laser e affrontiamoli, ‘sti demoni oscuri. Non possiamo accettare di vivere a metà, di sopravvivere, di fare quel che non ci piace, quello che ci annoia, le cose che disprezziamo. Tocca vivere, rischiare tutto, ogni cosa. Non appiattiamoci, non voltiamoci indietro con il rimpianto di ciò che non abbiamo fatto. Forse cadremo, sicuro prenderemo delle batoste, ma tentiamo, sempre e comunque. Anche se non siamo più giovani e abbiamo superato la soglia dei cinquanta, proviamoci!
Non è mai troppo tardi. Facciamo come Fanciulla, che è un esempio da seguire. Lavoriamo da Guerrieri, lottiamo come Guerrieri, diventiamo il nostro Guerriero Spirituale, quello che abbiamo dentro e che scalpita per uscire. Non è mai troppo tardi. Possiamo sempre rialzarci, forse feriti, forse moribondi, ma ancora capaci di sollevarci. Osiamo, rischiamo, andiamo contro il buonsenso. Eleviamoci per vivere una vita felice. Abbiamo un universo dentro di noi. Eccolo qui. Le mani e i piedi sono le quattro direzioni di questo nostro cosmo personale; al centro, nel punto dell’ombelico, c’è il luogo dell’equilibrio, dove gli opposti si uniscono. L’unico modo per agire sulla volontà è trovare l’armonia nel nostro universo privato. È una centralità non astratta ma concreta, è il punto del nostro ombelico. Usatelo, lottando per essere felici.
Whae guru e daje forte.
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Alle volte cadrai
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L’anno scorso ho conosciuto questa ragazza, per niente sicura di sé, ma determinata a mutare la sua vita. Confusa e a volte triste...
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Simone Sestieri
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Il Giornale dello Yoga
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